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Se ti stai preparando per lo spannolinamento del tuo piccolo o sei nel mezzo di questa importante fase, questo è l’articolo giusto per te. In linea generale due anni è l’età minima, il metodo deve essere decisivo e senza ripensamenti, il periodo deve essere tranquillo per dedicare tutta l’energia a questo cambiamento. I dettagli sono vari e li spiego nel corso dell’articolo.

Per dare un po’ di contesto, lo spannolinamento è una delle tappe che fa tanta paura ai genitori, viene vissuto solitamente come periodo frustrante perché sembra che, dopo tantissimi tentativi il bambino non impari mai come si fa la pipì non avendo più il panno. È estremamente importante che questo periodo venga vissuto dal genitore con serenità, proprio per trasmettere questo stato d’animo positivo al bambino.

Quindi in questo articolo rispondo alle domande ricorrenti dei genitori e svelo i segreti per mettere da parte il panno per sempre.

Ecco le domande più frequenti dei genitori:

1 Quanto tempo occorre per abbandonare il pannolino?

Il tempo necessario per abbandonare il pannolino varia da bambino a bambino, perché ogni bambino è diverso dall’altro. Diciamo che in linea di massima occorrono circa due settimane. Questo tempo dipende anche dall’età del bambino, nel senso che per essere pronto a togliere il panno egli deve aver compiuto due anni/ due anni e mezzo. Alcuni genitori mi contattano perché non riescono a gestire questo periodo delicato, sono stressati e sull’orlo di un esaurimento. Durante la consulenza scopro che il bambino ha soltanto un anno e mezzo d’età! Ecco spiegato il motivo dell’insuccesso. Quindi, che cosa si può pretendere da un bambino piccolissimo se a livello fisiologico non ha ancora raggiunto il controllo dei muscoli sfinterici?

2 Come devo gestire il processo dello spannolinamento?

Il processo dello spannolinamento è molto delicato e non va preso sottogamba. Si tratta di un cambiamento che coinvolge le sfere dell’autonomia e dell’autostima, quindi si deve fare attenzione a procedere nel modo giusto, senza causare traumi nel bambino.

Alcuni genitori preferiscono togliere il panno gradualmente, cioè tolgono il panno di giorno e la notte lo rimettono. L’ovvia conseguenza è che il bambino impara a fare i bisogni nel vasino il giorno e invece, sapendo che la notte c’è il panno si può “lasciare andare” totalmente. Agendo in questo modo il genitore si trova costretto a fare usare al bambino il pannolino di notte fino ai 3-4 anni. Questo metodo graduale crea nel bambino confusione: togli/rimetti, togli/rimetti il panno.

Ciò che consiglio, invece, è abbandonare il pannolino una volta per tutte. Quindi, oggi si toglie il panno e il bambino non lo rivedrà mai più. Sicuramente agendo in questo modo si verificano più incidenti (pipì a letto quasi tutti i giorni), ma ci si mette meno tempo perché il bambino si abitua prima e soprattutto non è confuso.

3 Come mi devo comportare se il bambino non vuole imparare a fare i bisogni nel vasino o nel riduttore?

Ciò che dico sempre ai genitori è scegliere un periodo tranquillo per poter affrontare al meglio questo cambiamento che, per forza di cose, coinvolge tutta la famiglia. Ti consiglio di impiegare tutte le tue energie per questa fase. Quindi, niente stress causati dal lavoro, niente traslochi o ancora peggio praticare lo spannolinamento in concomitanza con l’arrivo di un fratellino o dell’ingresso al nido. L’atteggiamento dei genitori è fondamentale. Bisogna armarsi di tanta pazienza ed evitare le arrabbiature. Parecchi genitori mi hanno confessato che il periodo dello spannolinamento è stato uno dei periodi più difficili per loro durante l’infanzia dei figli. Oltre alle arrabbiature e alle sgridate sarebbe bene evitare anche di colpevolizzare il bambino quando non riesce a trattenere la pipì e non la fa nel vasino. Parti dal presupposto che il bambino non si comporta in questo modo volontariamente. Evita anche di forzare i tempi; è vero che non vedi l’ora di uscire da questo periodo di stress fatto di pavimenti bagnati, vestiti sporchi, lenzuola da cambiare continuamente ma, come ti ho già spiegato, ogni bambino ha uno sviluppo individuale che va rispettato.

Allora, come comportarsi?

1 invita il tuo bambino molto dolcemente ad usare il vasino o il riduttore

2 chiedigli di comunicarti sempre quando ha voglia di fare la pipì

3 accompagna il bambino in bagno oppure invitalo ad usare il vasino prima di andare a letto

4 prova a favorire l’utilizzo del vasino o del riduttore attraverso la proposta di libretti cartonati che può sfogliare in modo divertente mentre è seduto. Così, questo momento non sarà vissuto come una pena ma sarà percepito come un momento rilassante.

5 altro accorgimento importante è quello di procedere con lo spannolinamento in periodi favorevoli come la primavera o ancora meglio l’estate. In queste stagioni è più facile gestire gli inevitabili indumenti bagnati e la pipì a letto. In ogni caso, munisciti di tanti cambi e, per salvaguardare il letto, utilizza traversine o lenzuolini proteggi-pipì.

Poi, da un giorno all’altro, arriva quel momento tanto atteso. Il tuo bambino finalmente acquista l’autonomia che speravi e passa dal pannolino al riduttore o al vasino.

Ora, metti in pratica questi consigli e ricordati di raccontarmi la tua esperienza!

Immagine per gentile concessione di Martina Ortu.

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La musica nei bambini é importante, infatti è rilassante e mette di buonumore, stimola la comunicazione, inoltre é associata alla matematica e allo sviluppo verbale.

I genitori hanno un ruolo fondamentale nella riuscita dei sogni dei propri figli. Se papà e mamma incoraggiano i bambini, pensando che i figli siano portati per quel tipo di attività, sicuramente i figli riusciranno ad ottenere buoni risultati. Ci sono genitori che sono convinti che nella vita dei bambini la musica debba essere inserita gradualmente, inizialmente attraverso il gioco e tramite attività che risultano piacevoli per i piccoli. Per questo motivo, si attivano fin da subito arricchendo la vita dei piccoli con giochi musicali, con l’ascolto di melodie rilassanti, e con la presenza a casa di vari strumenti musicali.

Ecco qui di seguito quali sono i più importanti benefici della musica

1 La musica mette di buonumore

Quando si dice che la musica migliora la qualità della vita è proprio vero! Ascoltare la musica o produrla agevola la percezione delle emozioni, se associata ai balli è divertente e soprattutto è utile perché rafforza la cultura degli individui che la praticano.

Come accade negli adulti, anche nei bambini si innesca una sorta di piacere nella ripetizione della musica o della canzone preferita. La musica, come sostiene la psicologa M. Chiara Levorato, è bella anche perché i bambini possono ascoltarla e riascoltarla più volte senza stancarsi, perché ad ogni ascolto la musica suscita emozioni sempre diverse.

2 La musica ha una funzione rilassante

La musica che fa rilassare maggiormente è sicuramente quella classica e tra tutti i compositori è da preferire Mozart. Sembra, infatti, che la musica di Mozart risulti particolarmente rilassante, per questo si consiglia di ascoltare tale musica già dalla gravidanza e poi proseguire quando il bambino è neonato.

3 La musica facilita la comunicazione e la relazione

Quante amicizie saranno nate grazie alla musica! Quanti bambini e adolescenti la musica è riuscita a far riunire! Pensa anche al canto con la chitarra in un gruppo di adolescenti. La musica ha una funzione aggregante e questo rappresenta il modo migliore per far socializzare gli individui. E aggiungo, che il canto con lo strumento, non ha solo un’utilità per la socializzazione ma ha anche un valore educativo. Infatti, quasi sempre, la musica trasmette un’infinità di messaggi educativi come i messaggi di pace, di amicizia, di amore e di solidarietà. Questi valori positivi trasmessi dalla musica sono gli stessi di cui parla Baden Powell, fondatore dello scautismo. Non a caso la musica rappresenta un elemento chiave nella pedagogia scout.

4 La musica favorisce l’apprendimento della matematica

Già i filosofi antichi avevano scoperto un legame tra la musica e la matematica o meglio: la musica è matematica! Alcuni studi più attuali dell’Università di British Columbia hanno dimostrato che chi impara a suonare uno strumento musicale presenta una facilità maggiore nel ragionamento e nell’apprendere la matematica. Molti insegnanti hanno capito l’importanza dell’associazione tra le due discipline e stanno proponendo nelle scuole un approccio didattico sempre più multidisciplinare. Tra le proposte spiccano quei giochi con la musica e laboratori musicali appositamente studiati per favorire l’apprendimento dell’aritmetica.

5 La musica agevola lo sviluppo verbale

Abbiamo detto che la musica favorisce l’apprendimento della matematica, ma i suoi benefici non finiscono qui. Secondo alcuni studi delle Università di Pechino e di Boston, esisterebbe un collegamento fra musica e linguaggio, infatti si dice che il linguaggio musicale sia simile a quello verbale. Sembra che i suoni siano collegati alle parole e che quindi chi ha ricevuto lezioni di musica sia avvantaggiato nell’elaborazione dei suoni, riesca a discriminare le parole e abbia maggiore facilità nella comprensione dei testi scritti.

Per fare in modo che i bambini amino la musica è fondamentale proporre l’ascolto fin dalla tenera età, sia a casa che all’asilo, poi invogliarli a suonare qualche strumento.

Possiamo notare che la musica, intesa come suono, è sempre presente nell’ambiente, infatti i bambini possono creare la musica sia con il corpo, utilizzando le mani, i piedi, la voce, sia con mezzi che si trovano a portata di mano come oggetti, barattoli, pentole. Inizialmente, per familiarizzare con gli strumenti musicali, possiamo regalare ai nostri piccoli strumenti giocattolo come chitarre, tamburelli, pianole. Si può anche stimolare la creatività dei bimbi anche proponendo di creare degli strumenti fai da te.

Quando i bambini cresceranno potranno sviluppare i loro gusti personali, quindi sceglieranno se ascoltare musica classica, musica leggera, rock o altro. In base alle loro preferenze decideranno se e quale strumento musicale suonare. Ciò che importa è stimolarli all’ascolto e alla produzione della musica fin da piccoli.

Immagine per gentile concessione di Stefania Scano.

canto-coro-Disneyland

Se ti stai chiedendo se il canto è l’attività ideale per tuo figlio, questa è l’intervista giusta per te. Il canto aiuta nello sviluppo generale dell’individuo, in particolare migliora le capacità emotive; la musica diventa educativa come precisa Celestina Maxia, insegnante di canto che da tanti anni si occupa di didattica musicale rivolta ai bambini. Nel coro i bambini imparano la condivisione, lo scambio interpersonale e il confronto. Inoltre Celestina ci svela i segreti delle sue lezioni e ci consiglia attività e giochi musicali per i nostri bambini. Buona lettura!

Quali benefici può apportare il canto nella formazione di un bambino?

La pratica musicale, stimola varie reazioni a livello cerebrale, che semplificando, si traducono nel miglioramento e potenziamento dello sviluppo generale del bambino. Il canto, in particolare, coinvolgendo anche la sfera del linguaggio, è sicuramente di grande aiuto nello sviluppo generale dell’individuo. Con la pratica musicale, si coinvolgono diverse parti del cervello, e laddove le attività sono diversificate in maniera opportuna, attraverso il canto, si migliorano le capacità emotive, per quello che riguarda per esempio il controllo della respirazione, maggiormente evidente se alla pratica del canto è affiancata una pratica strumentale o motoria semplice. Quando poi la pratica musicale è quella di gruppo, che personalmente ritengo ideale per il bambino, oltre ad essere fonte di benessere individuale per l’aspetto conviviale, nello stare insieme attraverso la musica si impara ad uniformarsi a movimenti e regole comuni, a dare il proprio apporto in relazione ad un progetto comune. La musica infatti impone per natura ritmi precisi, e praticata alla lunga, diventa educativa, imponendone il rispetto di questi.

A quanti anni si può cominciare a studiare canto?

Lo studio della musica, inteso come pratica convenzionale e apprendimento di nozioni, sicuramente richiede una maturità cognitiva al pari di qualsiasi altra disciplina. Quello che invece non ha limiti di età, per quello che riguarda il primo approccio, è un percorso formativo che miri allo sviluppo delle capacità percettive. Quando queste sono infatti ben sviluppate, lo studio della disciplina musicale, diventa solo una questione “tecnica”. Il canto è sicuramente il primissimo mezzo con cui ci si deve impratichire, essendo la voce lo “strumento musicale” che l’uomo ha già in sé! L’apprendimento della disciplina “musica”, poi, dipende sicuramente da come viene proposta: deve essere adeguata all’età del bambino, e quindi allo sviluppo intellettuale e fisico.

Quali tipi di attività musicali programmi a seconda della fascia di età dei tuoi allievi?

Le varie età dei miei allievi mi costringono a sperimentare sempre attività diversificate, anche se tante volte l’obiettivo è lo stesso. Le proposte cambiano nella scelta dei testi, e magari nella difficoltà anche in base al livello da cui partono. Penso sempre ad attività che li incuriosiscano, li coinvolgano, o addirittura li divertano. Cerco sempre di non avere punti fissi nelle mie lezioni, ma semmai “spunti fissi”, da sviluppare con loro, nel costruire le lezioni. Non è facile, per me, partire dalla giusta idea, ma una volta trovata, diventa tutto molto stimolante, anche per me.

Come si svolge una tua lezione?

La mia lezione ha diversi momenti e non sempre è uguale, nemmeno nello schema. C’è sempre un punto d’inizio in cui ci salutiamo; poi solitamente lascio a questo momento le attività più impegnative, per cui inserisco una nuova attività, che può essere un nuovo brano o una parte di esso da studiare. Poi passo ad attività più leggere, come un gioco musicale, un canto che a loro piace in modo particolare. Verso la fine della lezione, facciamo un ripasso di canti o attività particolarmente gradite al gruppo. La mia attenzione è che la fine della lezione deve arrivare inaspettata, devo sentirmi dire “abbiamo già finito?”; al contrario mi pongo delle domande se mi chiedono “quando finiamo, che ore sono…” Questo è segno che la lezione non era interessante!

Che benefici ci sono dal punto di vista pedagogico in una lezione corale? E i tuoi allievi come vivono l’esperienza corale?

Come accennavo prima, l’attività di gruppo, quindi anche quella corale, è il punto centrale del mio lavoro. Credo fermamente nel valore del lavoro collettivo, soprattutto per i bambini, dove la condivisione, lo scambio interpersonale, il confronto, sono alla base dello sviluppo individuale. La lezione frontale, ha sicuramente un valore importante per il rapporto con l’insegnante, con il quale si deve instaurare un rapporto più stretto, ma nel gruppo, si impara a stare insieme. Nel Coro, questo aspetto è uguale, ma rafforzato dalla necessità di porre la propria persona al servizio di un risultato ottimale comune. Dico sempre ai miei allievi che loro sono come i mattoni di un muro: dove uno non sta al suo posto, si vede il buco! Nel coro vige anche la regola della compensazione: loro sanno che ognuno di loro deve dare qualcosa, perché chi più chi meno, contribuisce al risultato finale! Spesso nasce e si sviluppa una certa competitività, che io cerco sempre di dirottare verso lo spirito di gruppo in cui ci si aiuta. A volte riesco, a volte no!

Che importanza dai alle rime e alle filastrocche per stimolare la sensibilità musicale nei bambini?

Rime e filastrocche, storie di ogni genere, sono alla base del mio lavoro, soprattutto con i più piccoli, ma fonte sempre utile anche per il lavoro con i più grandi. Il lavoro sulle sillabe, sugli accenti, di cui questo materiale è ricco, offre mille spunti per sviluppi di ogni genere, soprattutto in campo ritmico. E dove non trovo materiale pronto, cerco di produrlo da me, o con la collaborazione dei miei allievi.

Quali giochi ci consigli per incentivare i bambini all’ascolto dell’ambiente circostante e per insegnare loro a distinguere i suoni dai rumori?

La differenza tra suono e rumore, è un argomento controverso, che io evito, di solito nelle mie lezioni. C’è un coinvolgimento scientifico fisico, nella definizione di questa differenza che è sicuramente oltre che difficile, anche inutile ai fini didattici, pretendere di spiegarlo ai bambini. Spesso il rumore, viene descritto come qualcosa di “spiacevole” all’orecchio, al contrario del suono che non lo è. Ma questo “giudizio” non può essere obiettivo, in quanto non per tutti lo stesso tipo di “evento acustico” può essere spiacevole. Allora, onde evitare di incorrere in questi equivoci, preferisco fare la distinzione dei suoni in altri aspetti, per esempio, forti e deboli, lunghi e corti, acuti e gravi… Parto dall’osservazione di suoni comuni, come i versi degli animali, i suoni intorno all’ambiente… Faccio concentrare l’attenzione sul silenzio, ad esempio: ascolta cosa senti/ cosa di più, cosa di meno/ quale suono si interrompe e quale continua… Da lì a stendere una partitura di quello che si ascolta il passo è breve e lo sviluppo di un simile punto di partenza è infinito. Ci sono tanti giochi che mirano proprio all’esplorazione del mondo sonoro, e partono proprio tutti dall’ascolto e dalla catalogazione.

Qual è stata la più grande soddisfazione nella tua carriera come insegnante di canto?

La mia più grande soddisfazione a livello professionale come maestra di coro… non saprei… Dovrei pensare a momenti pieni di emozione nel corso dei miei quasi trent’anni di attività! Mi sono commossa tante volte durante le performance dei vari gruppi con i quali ho collaborato. Potrei elencarne tante e cambiare idea, sull’attribuzione del podio, tante volte. Forse mi fermerei sicuramente alla più recente, quella che mi ha dato enorme soddisfazione, è stato il risultato ottenuto nel 2019, quando con il coro ci siamo esibiti a Disneyland Paris. E’ stata una soddisfazione a 360 gradi, in quanto era coinvolta l’intera sfera personale che mi riguarda: quella professionale, quella emotiva e affettiva. Era infatti per me importante esibirmi su un palco Internazionale con il mio coro, dopo aver superato i provini, ma era importante farlo lì, in un posto che amo in modo speciale; era bello esserci con la mia famiglia, mia figlia sul palco con me ed ero felice di aver convinto le famiglie dei mie allievi a fare questa esperienza con me: avevo un desiderio profondo di condividere dal vivo con i miei bimbi, la bellezza magica di un luogo così perfetto per loro, dopo aver raccontato tante volte dei miei precedenti viaggi lì. Avevo promesso più volte “ un giorno vi ci porto…”. E al rientro, ho potuto affermare la mia felicità di averlo realizzato nel migliore dei modi, in quanto arricchita, anche dal meraviglioso legame umano che si è creato in quei quattro giorni, con le famiglie. La musica ci ha dato questa opportunità, e io attribuisco alla mia fortuna di aver scelto questa strada, diventata una professione, in modo quasi ignaro, visto che la scelsi per pura passione.


Celestina Maxia, ha studiato Organo e Composizione Organistica presso il Conservatorio di Cagliari. Dopo alcuni anni di attività come organista e insegnante di pianoforte, ha rivolto i suoi interessi verso la didattica vocale e la direzione di coro, specializzandosi in queste discipline con diversi affermati insegnanti. Diplomatasi nel 2003 in Didattica della Musica sempre presso lo stesso Conservatorio di Cagliari, ha intanto diretto alcuni cori sia di adulti che di bambini, in ambito privato e scolastico. Attualmente, oltre essere direttrice artistica e docente dell’Associazione Laetemur Musica, svolge attività didattica come insegnante di pianoforte per bambini e realizza progetti di propedeutica musicale presso le scuole, dedicandosi continuamente alla ricerca in campo didattico e producendo composizioni corali di vario utilizzo. A questo proposito nel 2014 è stata pubblicata la sua composizione “Matrimonio” (su testo di Gianni Rodari), nella raccolta “Giro Giro Canto”, che comprende le migliori composizioni contemporanee italiane per coro di voci bianche.

Ringrazio Celestina Maxia per aver risposto alle mie domande. Se vuoi contattarla per chiederle informazioni sulla sua scuola di canto:

Celestina Maxia
tel.3470656640
e.mail cele.max@tiscali.it
www.laetemurmusica.altervista.org

bambine-giocano-puzzle

Il gioco del puzzle può essere un primo passo per aiutare il bambino ad affrontare attività impegnative e
scolastiche come gli esercizi di matematica. Oltre alle importanti motivazioni, in questo articolo elenco le
fasi tipiche del gioco da insegnare ai più piccoli.
Secondo uno studio dell’Università di Chicago  i bambini che giocano con i puzzle in età
prescolastica avranno più successo nelle materie scientifiche. Infatti il gioco del puzzle favorisce il
ragionamento, migliora la capacità logica e di intuizione e insegna le procedure per poter affrontare i
compiti.

Come tutti i compiti complessi anche il gioco del puzzle può essere scomposto in varie fasi:

1.Definizione dell’attività

L’adulto può mostrare al bambino come affrontare compiti difficili seguendo delle istruzioni. Egli
può agire e nel frattempo dire ad alta voce ciò che farà per completare il puzzle: “Lo scopo del
gioco è quello di riunire tutti i pezzi per ottenere l’immagine raffigurata sulla scatola.”

2.Capacità attentiva

L’adulto può continuare: “Ecco, starò attento nella scelta dei pezzi. Farò prima la cornice e poi
procederò con gli altri pezzi. Sceglierò quelli che hanno tonalità di colore simile, dopo aver
sistemato i pezzi in modo visibile sul tavolo.”

3.Provare e riprovare

L’adulto continua con il suo dialogo interiore: “Forse questo pezzo si assembla meglio con
quest’altro. Invece questo pezzo è sbagliato, proverò di nuovo.”

4.Concludere

“Ecco, sto finendo il puzzle nel modo giusto, mancano pochi pezzi.”
Molti bambini tendono a scoraggiarsi di fronte ad attività e compiti scolastici che richiedono impegno. Il
risultato è il più delle volte la resa e la rinuncia.

Ottenere buoni risultati nel gioco del puzzle aumenta la stima di sé. Questo gioco prevede che si debba
provare e riprovare per trovare i pezzi giusti che si incastrano. Incastrare i pezzi, montare e smontare è
un’attività utile per migliorare la capacità logica rappresentata dalla sequenza delle azioni compiute. È un
gioco di pazienza che si conclude soltanto insistendo. Insegna ai bambini che nella scuola e nella vita è
giusto provare e buttarsi nei compiti anche se non si è sicuri di raggiungere un buon risultato. Come altri
compiti complessi, anche gli esercizi di matematica sono spesso difficili, ma il bambino deve essere
consapevole che è meglio impegnarsi e non scoraggiarsi alla prima difficoltà.

 

Immagine per gentile concessione di Stefania Scano.

benefici animali bambini

Un cane in casa? “Assolutamente sì, non potrei vivere senza!”, “Non ho tempo ma mi
piacerebbe”… Sono tante le risposte che si possono sentire, di sicuro se chiedessimo ai bambini
tutti direbbero: sìììì! Una cosa ancora più certa sono gli innumerevoli benefici che i cani hanno sui
bambini. In molte famiglie gli animali domestici vengono considerati come dei componenti a tutti
gli effetti. Continua a leggere

mamma-che-sgrida-bambina

Crescere ed educare i figli è una cosa bellissima, a mio parere la più bella, ma non è proprio un lavoro
facile. Di solito si consigliano i comportamenti da tenere o gli atteggiamenti da avere per raggiungere un
obiettivo, invece in questo articolo ho voluto enfatizzare gli sbagli che puoi commettere nella lunga ma bella
strada che percorri con tuo figlio.

Di seguito ti elenco 4 errori comuni che compiono i genitori nell’educare i figli.

1 Usare la violenza fisica

Chi sa risolvere i conflitti in maniera pacifica non ha bisogno di ricorrere alla violenza. Si può evitare la
violenza litigando bene in famiglia e insegnando come si fa ai propri figli.
La parola violenza sembra ormai una parola obsoleta e superata se pensiamo che tempi addietro i genitori
utilizzavano molto spesso le mani per educare i propri figli e questo era culturalmente approvato. Oggi la
maggior parte dei genitori evita di educare i propri figli con la violenza ma nell’opinione comune sembra
che ogni tanto sia concesso utilizzarla. Quando parlo con le mamme sento spesso dire “a volte scappa la
sculacciata”, “qualche ceffone ci vuole per rimettere in riga mio figlio”. Ritengo che anche un solo ceffone
o una sculacciata sia dannosa per i bambini perché la violenza è distruttiva non solo per chi la riceve, ma
anche per chi la attua e soprattutto è deleteria perché danneggia la relazione tra i due. La violenza subita
durante l’infanzia si ripercuote sulla condotta che si adotta da adulti, infatti solitamente un bambino che è
stato vittima di violenza sarà un adulto aggressivo. Inoltre bisogna considerare che la violenza fisica
praticata frequentemente e in modo intenso è da considerarsi un reato.

2 Fare del bambino un tuo progetto

Sono convinta che i genitori dovrebbero assecondare il più delle volte i desideri e le scelte dei figli. Il
bambino ha una personalità diversa da quella del genitore. Perché il genitore a volte pretende che i figli
seguano la strada che lui ha progettato? Molto spesso si agisce per egoismo, perché il genitore vorrebbe
realizzare attraverso il figlio i propri sogni che sono rimasti chiusi in un cassetto. I due esempi più comuni sono quelli relativi al rendimento scolastico e allo sport. Il genitore vorrebbe che il figlio possedesse le
caratteristiche positive che lui non ha mai avuto eccellendo in tutte le materie scolastiche o distinguendosi
nello sport. Ci sono addirittura genitori che obbligano i propri figli a scegliere lo sport che loro considerano
migliore, soffocando in tal modo i desideri e le preferenze dei figli. I bambini avvertono che i genitori li
vorrebbero diversi da come sono in realtà e questo provoca non solo una delusione da parte dei genitori
ma anche un dolore per i figli. I genitori devono accettare che ognuno deve vivere la propria vita, deve
fare le proprie esperienze e a volte anche i propri errori.

3 Considerare tuo figlio un principe

Molti genitori esagerano nell’offrire al bambino più di quanto abbia bisogno in termini materiali. I bambini
di oggi hanno il superfluo e il genitore ha l’impressione di fare sempre poco per accontentare le richieste
impossibili del figlio. Per essere felici i bambini non hanno bisogno di continui regali da parte dei genitori
ma necessitano di affetto e presenze.
È vero che i bambini devono essere protetti ma devono anche essere abituati a cavarsela da soli. Esistono
genitori che vestono o imboccano i propri figli fino a sette-otto anni credendo di fare del bene perché i figli
secondo loro sono da assistere in tutto e per tutto. Sostituirsi al bambino invece non stimola l’autonomia. I bambini già dai quattro anni riescono a mangiare da soli, a tagliare qualche cibo, a vestirsi, lavarsi le mani
e altro ancora.
Inoltre bisogna educare i figli alla collaborazione domestica coinvolgendoli nei lavori quotidiani. I bambini
si sentono utili quando possono sbrigare piccole faccende domestiche, sta a noi genitori renderlo per loro
un gioco. I bambini amano apparecchiare la tavola, spolverare, lavare frutta e verdura, stendere i panni.

4 Rimproverare anziché dialogare

Il rimprovero è un metodo educativo molto utilizzato dai genitori, però di solito non porta ai risultati
sperati, anzi ne peggiora il comportamento. Rimproverando e attaccando la persona e non il
comportamento, si arresta la comunicazione tra gli interlocutori. Invece, per stimolare i bambini al dialogo li si deve coinvolgere, quando è possibile, nelle discussioni e nelle decisioni familiari. Ovviamente si deve
evitare di coinvolgere i bambini in argomenti troppo delicati che non sono in grado di capire o di affrontare
per la loro età. Il dialogo e l’ascolto attivo fanno sì che il bambino si senta preso sul serio dai genitori.

Tutti i genitori prima o poi sbagliano qualcosa nella relazione con il proprio figlio ma tutti sbagliano con
amore, perché credono che sia giusto agire in quel modo.
Non possiamo essere genitori perfetti ma possiamo essere genitori migliori e consapevoli degli errori che abbiamo fatto.

 

Immagine per gentile concessione di Stefania Scano.

Bambino-gioco-puzzle

Il puzzle è un gioco classico che può essere un primo passo per aiutare il bambino a sviluppare un
pensiero scientifico e ad affrontare attività impegnative e scolastiche come gli esercizi di
matematica. Secondo uno studio dell’Università di Chicago i bambini che giocano con i puzzle in
età prescolastica avranno più successo nelle materie scientifiche. Infatti il gioco del puzzle favorisce
il ragionamento, migliora la capacità logica e di intuizione e insegna le procedure per poter
affrontare i compiti. Secondo questo studio giocare o non giocare con i puzzle sarebbe un predittore
del futuro successo scolastico dei bambini. I voti nelle materie scientifiche dei bambini che hanno
passato tanto tempo ad incastrare tessere saranno tendenzialmente più alti dei bambini che invece
non hanno giocato con i puzzle. Continua a leggere

bambina-guarda-la-tv

Quante volte hai sentito pareri negativi sulla televisione sia da altri genitori, insegnanti ed
educatori? Sicuramente tante volte! Infatti è opinione comune che la TV sia un mezzo di
comunicazione dannoso per i minori.
Difficilmente la TV viene apprezzata e ritenuta positiva per quanto riguarda l’educazione dei
bambini. Ma davvero la televisione fa male ai minori? Se viene utilizzata in modo corretto e critico
può essere per il bambino un mezzo educativo e didattico da aggiungere ad altre attività culturali
considerate eccellenti come il libro, la musica e il teatro.

Di seguito analizzo alcuni miti da sfatare sulla televisione

Mito 1: La TV trasmette solo contenuti violenti.

I bambini sono spesso vittime di visioni di programmi con scene di violenza presentate con
particolari scioccanti. Un esempio è il telegiornale e molti film che trasmettono scene crude e
violente. È facile incappare in scene violente se si lascia al bambino la possibilità di cambiare
canale a suo piacimento. Si deve sottolineare che non tutti i programmi trasmettono contenuti
violenti e che le forme di violenza non sono tutte uguali e pericolose per il bambino allo stesso
modo.

Mito 2: La TV utilizza un linguaggio troppo povero e semplice.

Bisogna ammettere che il linguaggio orale usato in televisione è sicuramente meno complesso ed
elaborato di quello utilizzato nei libri. Alcuni studi hanno dimostrato che il linguaggio può
svilupparsi anche attraverso programmi televisivi studiati appositamente per bambini di una
determinata fascia d’età. Questi programmi sono quelli che favoriscono le interazioni verbali, che si
rivolgono direttamente al bambino e quest’ultimo è invogliato a rispondere a delle domande.

Mito 3: Tutta la TV è diseducativa e dannosa per il bambino.

È vero che molti programmi televisivi appartengono alla TV spazzatura, ma non bisogna fare di
tutta l’erba un fascio. Infatti esistono programmi didattici che trasmettono messaggi positivi per i
bambini e che favoriscono l’identificazione con i personaggi buoni, che promuovono valori e
comportamenti come la generosità, l’altruismo e la cooperazione. Ci sono tanti programmi e cartoni
animati educativi di alta qualità progettati e realizzati ad hoc per bambini. Il genitore ha il compito
di selezionare criticamente ciò che i bambini andranno a vedere, in quanto i piccoli assorbono sia i
messaggi negativi che quelli positivi.

Mito 4: La TV rende i minori asociali.

È sbagliato lasciare il bambino completamente solo davanti alla TV limitando così le possibilità di
interazione sociale. Invece, guardare la TV con altre persone favorisce la socializzazione. Infatti i
bambini che guardano insieme un film o un programma televisivo hanno la possibilità di discutere,
scambiare pareri e commentare ciò che si è appena visto.
La TV può quindi anche rappresentare un supporto didattico e uno svago per il bambino, a
condizione che non sia considerato come unico passatempo e che il piccolo abbia delle alternative
per trascorrere il tempo libero. Inoltre per essere considerato un mezzo di comunicazione positivo
per il bambino, gli adulti hanno la responsabilità di vigilare e fare da mediatore fra i messaggi che
invia la TV e il minore.

 

Cosa pensi della televisione odierna? Hai qualche mito da aggiungere alla lista?

 

Immagine per gentile concessione di Stefania Scano.

impastare-mani

Ti è mai capitato di dover fare i conti con capricci, urla e pianti immotivati di tuo figlio? Quando mia figlia è
particolarmente stanca e stressata non me lo dice ma invia tutta una serie di segnali che mi fanno capire
immediatamente che ha bisogno di rilassarsi.

Continua a leggere

Babbo-natale

Alla parola Natale tutti associamo un sentimento positivo, in particolare i bambini associano i regali portati da Babbo Natale.

Ti sarai chiesto parecchie volte se è giusto mentire a tuo figlio sull’esistenza di questo personaggio. Si può affermare che non si tratta di bugia vera e propria. Condivido il pensiero di chi dice che la verità non va detta sempre, non va detta tutta e neanche a tutti. Si mente ai propri figli sull’esistenza di Babbo Natale per una buona causa.

Secondo il mio punto di vista non è negativo credere a Babbo Natale, anzi, penso che i bimbi che credono a Babbo Natale possano trarre soltanto vantaggi da questo.

Babbo Natale è una figura assolutamente positiva per il bambino

I bambini si accorgeranno da soli che Babbo Natale non esiste, un po’ perché crescono un po’ perché qualche amico scopre prima che non esiste e lo comunica agli altri amichetti. Quindi, finché non scopriranno la verità, lasciamo credere loro a questa magia.

Babbo Natale fa parte dell’infanzia di ogni bambino

I bambini sanno che Babbo Natale premia tutti i fanciulli del mondo, lo fa gratis senza chiedere nulla in cambio. Egli è il simbolo della persona generosa che dona senza pretendere una restituzione.

Babbo Natale sa che cosa desiderano i bambini, conosce ogni loro desiderio.

Dietro alla credenza di Babbo Natale c’è l’importantissimo elemento della fantasia

Infatti i bambini vivono in una dimensione che è per metà reale e per metà fantastica, quindi perché privare i bambini del piacere della fantasia? Perché costringere i bambini a ragionare da adulti e non farli sognare un pochino?

Le fughe dei bambini in mondi lontani e meravigliosi, in una dimensione di fantasia, rappresentano la speranza di dare vita ai loro sogni, così possono credere a racconti nei quali sono presenti sorprese, esagerazioni, vicende assurde e surreali. La credenza che esista un signore come Babbo Natale che distribuisce in una sola notte regali a tutti i bambini del mondo ne è un esempio.

Noi adulti siamo abituati alla realtà, che associamo all’imperfezione, al disordine, alla quotidianità; le storie fantastiche come quella di Babbo Natale spingono il bambino a fuggire da questa realtà concreta e sensibile per arrivare in altri mondi dove tutto è perfetto, ordinato e soprattutto c’è il lieto fine.

 

Concludo con una frase di Sergio Viti:

“La realtà è la terraferma e la fantasia è l’immenso mare: c’è bisogno di tutti

e due, perché ci può essere un mondo dove abitiamo e un altro dentro di noi

dove navighiamo. Noi dobbiamo vivere in entrambi i mondi.”

Qui sotto trovi una selezione di libri dedicati al Natale e a Babbo Natale: